Lettera Natale 2018

Carissimi amici di Gulu,
sono appena arrivato in Italia dopo aver partecipato il 20 ottobre scorso alle celebrazioni per il Centenario del martirio dei beati Jildo e Daudi, a Paimol, dove con il vostro aiuto abbiamo nel tempo costruito il Santuario a loro dedicato e le strutture di servizio annesse.

Per tutta la settimana precedente si vedevano arrivare gruppi di 30 o 50 persone, provenienti da tutte le parti del paese, che a piedi raggiungevano il Santuario dopo giorni di lungo cammino: mi ha veramente stupito la quantità di credenti che avevano deciso di raggiungere questo posto cruciale per la fede, e dove ciascun gruppo si è accampato in attesa della celebrazione solenne. Come sulla salita del Sacro Monte di Varese dove andavo da bambino, anche qui si vendevano souvenir, libretti con la storia dei martiri, cappellini ricordo e roba da mangiare e bere per aiutarsi reciprocamente.

 

Lettera avvento Natale 2018(3) Lettera avvento Natale 2018(2) Lettera avvento Natale 2018(1) Lettera avvento Natale 2018

Oltre centomila credenti circodavano l’area del Santuario per festeggiare i due martiri e riscoprire  la loro drammatica storia. A questo scopo erano stati installati anche nove pannelli di due metri per uno, illustrativi di questa testimonianza. Tutto rendeva memoria della circostanza in cui i due sedicenni si offrono al parroco di Kitgum per essere mandati ad annunciare il vangelo nei villaggi vicini a Paimol, già sapendo che rischiavano la vita. Verranno uccisi pochi mesi dopo con la precisa accusa di “insegnare la fede”: il maggiore verrà ammazzato con una lancia e il più giovane – ai sicari che lo invitavano a tornarsene a casa per salvarsi la pelle – rivendicava il suo diritto a morire come martire e così è stato trafitto anche lui.

È sempre valida l’affermazione di San Paolo VI, “il sangue dei martiri diviene seme di nuovi  cristiani”.

Per cinque giorni di fila, dall’alba al tramonto, vari gruppi intonavano canti tradizionali e religiosi. Alle 10 di domenica mattina sono arrivati in processione dodici vescovi e oltre cento sacerdoti per celebrare la Messa solenne.

In Cristo, cordialmente riconoscente,

firmaEdoP. Edo Mörlin Visconti

 

Lettera Natale 2017

Carissimi Amici,

il vescovo John Baptist Odama ha scritto quanto segue alla presidentessa dell’Associazione Amici di
Gulu Onlus:

Cara professoressa Costanza,
saluti da Gulu. Stiamo per iniziare l’avvento, che è un evento importante nella nostra storia, sia personale che collettiva. Le scrivo, e tramite Lei a tutti gli amici di Gulu, che da 20 anni a questa parte hanno sostenuto economicamente il mio ministero nell’archidiocesi: il vostro contributo ha permesso alla mia gente di rimettersi in piedi  dopo vent’anni di tumulto politico. Ma, amici cari, siamo ancora alle prese con situazioni di bisogno emergenti:

1) Ci sono circa due milioni di profughi dal Sud Sudan, di cui 600mila solo nella mia archidiocesi. Essi generano un  problema di accoglienza non da poco. Non abbiamo soldi, ma abbiamo la terra. É nostro dovere di cristiani trovare  l’aiuto necessario per i nostri vicini Sud Sudanesi.$

2) Le nostre parrocchie di Atyak, Palabek, Padibe e Kitgum hanno gentilmente messo a disposizione lotti (30 per 30  metri) per famiglie sudanesi fino a quando si ristabilisca la pace. Le Nazioni Unite e il Governo Ugandese insistono  nel chiedere di più, ma la nostra gente è allo stremo e non possono dare di più.

3) I miei preti, i catechisti, medici e paramedici dei nostri ospedali hanno bisogno di supporto finanziario. Un compito  urgente è la costruzione di prefabbricati per dare riparo ai senzatetto e nutrire gli affamati.
Non ringrazierò mai abbastanza gli Amici di Gulu per l’amichevole sostegno al mio ministero pastorale così  bisognoso. Sono lieto di dare a ciascuno di voi la mia paterna benedizione. 

In Cristo, vostro,
+ JOHN BAPTIST ODAMA

Rimango in Italia fino a Natale, e sono quindi disponibile se vorrete invitarmi a conoscere amici vecchi e nuovi, cui spiegare in dettaglio ciò che la vostra curiosità vorrà sapere.

In Cristo, cordialmente riconoscente, firmaEdo

P. Edo Mörlin Visconti

Lettera Pasqua 2017

Carissimi amici,
eccomi di nuovo a darvi notizia del progresso dei lavori del santuario di Paimol e delle ordinarie attività missionarie della diocesi. L’apparente monotonia della vita in Africa sfocia in richieste a prima vista ripetitive. Mi scuserete.
Abbiamo sempre bisogno di fondi per continuare ad aiutare le famiglie che grazie al Cielo continuano ad adottare orfani, specialmente di persone defunte per AIDS. Abbiamo sempre bisogno di fondi per l’istruzione, la salute, l’educazione al lavoro e alla responsabilità nei confronti della vita delle giovani generazioni. Proseguono inoltre le consuete attività caritative della diocesi per il mantenimento del clero e il sostentamento delle varie necessità della popolazione.
Infine, abbiamo sempre bisogno di fondi per completare i lavori del santuario, un grande segno di riconciliazione e pace per tutto il Paese. Attualmente stiamo affrontando il problema dell’acqua. Lo scorso 20 ottobre, infatti, in occasione della ricorrenza del martirio di Gildo e Daudi, erano presenti 45.000 persone e l’acqua di scolo dei tetti, che in genere viene raccolta e filtrata, non era certo abbastanza. Siamo ricorsi alle autocisterne che hanno portato l’acqua con un viaggio di circa 200 chilometri, ma occorre risolvere il problema alla radice scavando dei pozzi. Essendo Paimol su una piccola collina, e la sorgente artesiana più vicina a valle, si dovrà realizzare un efficiente sistema di pompaggio che superi i 100 metri di dislivello.

 

In Cristo, cordialmente riconoscente, 
P. Edo Mörlin Visconti

Lettera Natale 2016

Carissimi amici,
eccomi di nuovo a darvi notizia del progresso dei lavori del santuario di Paimol, voluto dall’arcivescovo di Gulu, Mons. John Baptist Odama, come luogo di pellegrinaggio e
preghiera proprio dove i nostri martiri Gildo e Daudi hanno versato il loro sangue nel 1918.
Il portale denota l’accesso alla zona sacra. Consiste di due archi di cemento – dedicati ai due martiri – su cui sovrasta la croce.
A fianco della vecchia chiesa abbiamo costruito una guest house che dovrà contenere 64 posti letto con una cisterna d’acqua piovana da 40000 litri.
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Lettera Natale 2016

In Cristo, cordialmente riconoscente,
P. Edo Mörlin Visconti

Lettera Pasqua 2016

Carissimi amici,
eccomi di nuovo a darvi notizia del progresso dei lavori del santuario di Paimol, voluto dall’arcivescovo di Gulu, Mons. John Baptist Odama, come luogo di pellegrinaggio e preghiera proprio dove i nostri martiri Gildo a Daudi hanno versato il loro sangue nel 1918.
I lavori di costruzione continuano ad avanzare. Se a Natale vi ho mostrato le foto dell’altare maggiore terminato e la cappella per l’adorazione perpetua in via di completamento, ora, nell’approssimarsi della Pasqua, vi mostro la cappella terminata e il portale dell’accesso al santuario. Due semicerchi alti dieci metri introdurranno i fedeli allo spazio sacro. Come vedete, i lavori sono in veloce progresso.
Proseguono inoltre le consuete attività caritative della diocesi per il mantenimento del clero e per il sostentamento delle varie necessità della popolazioni.
Lettera Pasqua 2016(3)

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Lettera Pasqua 2016

In Cristo, cordialmente riconoscente,
P. Edo Mörlin Visconti

Lettera Natale 2015

Carissimi amici,
eccomi di nuovo a darvi notizia del progresso dei lavori del santuario di Paimol, voluto dall’arcivescovo di Gulu, Mons. John Baptist Odama, come luogo di pellegrinaggio e
preghiera proprio dove i nostri martiri Gildo a Daudi hanno versato il loro sangue nel 1918.
Rispetto a sei mesi fa i lavori di costruzione sono molto avanzati. L’altare maggiore è finito e la cappella per l’adorazione perpetua è in via di completamento. Inoltre l’arcivescovo ha nominato P. Joseph Okumu Rettore del Santuario, che a sua volta ha confermato il mio incarico di reperire i fondi necessari per portare a termine il tutto, strade di accesso e infrastrutture comprese.

In Cristo, cordialmente riconoscente,
P. Edo Mörlin Visconti

Santuario dei beati martiri Davide e Gildo. Paimol – Località Wi Polo

UN PO’ DI STORIA

I martiri Davide (Daudi) Okelo e Gildo Irwa sono due giovani catechisti ugandesi che vissero agli inizi del XX secolo; appartenevano alla tribù Acholi, i cui componenti ancora oggi abitano prevalentemente il Nord dell’Uganda. La loro vicenda e il loro martirio avvennero solo tre anni dopo la fondazione da parte dei missionari comboniani della missione di Kitgum (1915), dove erano impegnati nel lavoro di evangelizzazione coadiuvati da alcuni catechisti.

Nel 1917 Davide e Gildo si offrirono spontaneamente per recarsi come catechisti a Paimol, a circa 80 km dalla loro Casa di Kitgum, in una zona tormentata da lotte tribali, dai mercanti di schiavi e dalla ribellione ai coloni inglesi.

Nel corso della loro breve missione a Paimol, essi si conquistarono il benvolere della gente, insegnando il catechismo ai bambini e ai giovani, impegnandosi anche nell’aiuto concreto alle persone che incontravano.

Ma la loro testimonianza cristiana e il loro insegnamento della religione dell’amore contrastava con gli interessi dei mercanti di schiavi e degli stregoni pagani, ed era osteggiata anche dagli stessi capi dei clan che vedevano nell’insegnamento cristiano un elemento di indebolimento del loro potere.

Numerose testimonianze, raccolte dal padri comboniani nel corso degli anni successivi al martirio, concordano sul fatto che Davide e Gildo furono uccisi a causa della loro fede in Gesù che testimoniavano con la loro vita e con i loro insegnamenti.

La mattina del loro martirio, a Davide che lo metteva sul preavviso di una possibile fine cruenta, Gildo rispose: “Perché dobbiamo temere? Noi non abbiamo fatto male ad alcuno; siamo in questo paese solo perché il padre ci ha mandato ad insegnare la parola di Dio. Non aver paura!”.

Quando furono uccisi, nel fine settimana tra il 18 e il 20 ottobre 1918, Davide aveva circa 18 anni e Gildo 14.

Davide e Gildo sono stati proclamati beati nel 2002 da Giovanni Paolo II.

Il luogo del loro martirio è diventato presto un punto di incontro per la preghiera dei cristiani che vengono a venerare i loro martiri. Nel corso degli anni un numero sempre più grande di pellegrini si raduna a Paimol – nel giorno anniversario della ricorrenza della loro uccisione – per partecipare alle celebrazioni in loro memoria.
Dalla testimonianza del popolo e a seguito della beatificazione, l’Arcivescovo di Gulu ha promosso il progetto di costruzione di un santuario in onore dei beati Davide e Gildo.

IL PROGETTO DEL SANTUARIO

Il Santuario si sviluppa nell’area che, partendo dall’incrocio della strada Kalongo– Naam Okora si apre verso ovest fino alla chiesa esistente costruita sul luogo del martirio di Davide e Gildo.

Dall’incrocio stradale, ove sono ubicati i servizi logistici, inizia il cammino del pellegrino, che percorre in preghiera il lungo rettilineo che conduce alla “Porta del santuario”.

Si entra così nell’area sacra – un’area a forma quasi circolare di diametro circa 500 m – delimitata da siepi e alberature, ove prosegue il pellegrinaggio.

Il santuario è così costituito da un’area all’aperto, molto rispettosa dell’ambiente rurale e verde in cui è immerso, con ampi viali che conducono alla chiesa esistente, con una grande spianata a settore circolare a verde, appena disegnata da pochi gradoni in muratura, che si affaccia sul nuovo grande altare per le celebrazioni importanti.

Lungo il viale a sinistra della porta del santuario si incontrano le edicole dei venti misteri del rosario, che incrociano – nel mistero della morte in croce di Gesù – la cappella che è memoria della tomba dei martiri e che terminano nella chiesa esistente.

Percorrendo il viale a destra della porta del santuario si incontrano le edicole della via crucis, che conducono anch’esse, dopo l’area dei confessionali, alla chiesa.

Dalla chiesa, volgendosi a valle verso est, si apre la grande spianata a settore circolare che converge verso il nuovo altare.

Si è così voluto valorizzare la chiesa esistente, che già oggi è punto di riferimento per i pellegrini – una chiesa semplice, a pianta rettangolare di dimensioni modeste; si è voluto valorizzare la cappella della tomba dei martiri; si è voluto immergere il pellegrino nell’ambiente semplice, ma di uno spettacolo naturale ampio e splendido, aperto sulla vallata che ha come sfondo una sequenza di  montagne verdi.

Le costruzioni in muratura si riducono così unicamente alla porta del santuario che vuole imporsi come immersione nella preghiera a Dio e all’altare, punto centrale della celebrazione eucaristica nelle grandi solennità.

Il progetto è completato dalla nuova casa dei padri, costruzione adiacente all’area sacra, a forma di grande capanna, che sarà la residenza dei sacerdoti responsabili del santuario.

Varese, 25.02.2014

El Vangel sul Corriere della Sera

Una nuova recensione del Vangel per el di’ d’incoeu sul Corriere della Sera

Lira 23 dicembre 2010

Carissimi,

chissà perchè, pensando al Natale ormai imminente, invece di fissarsi sul centro e il cuore del mistero che stiamo per celebrare − la nascita nella carne del Figlio di Dio fatto nostro fratello per salvarci − la mia mente continua a mettere a fuoco un dettaglio del vangelo che è senz’altro secondario, ma che fa sorgere in me varie riflessioni. Le condivido con voi. Sarà il mio modo di farvi gli auguri, quest’anno, sperando che possa aiutarvi a vivere meglio ed in pienezza il Natale che stiamo per celebrare e l’inizio del Nuovo Anno che il buon Dio si appresta a regalarci.

“Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”(Matteo 2,2). La citazione si riferisce non al momento della nascita di Gesù, bensì all’arrivo in Gerusalemme dei Magi, che lo stanno cercando. Ma mi colpisce come una domanda molto attuale, che si adatta perfettamente alla situazione di oggi, in Uganda, in Italia e in tutto il mondo. Gesù è nato in un contesto sociale e politico in cui l’annuncio della sua venuta risuona come minaccia per il re del momento. Erode tenta infatti di sopprimerlo, e per farlo non esiterà a ricorrere alla violenza, la“strage degli innocenti”. Mi domando: oggi in Uganda, dov’è, e in quale contesto sociale e politico viene a nascere il Signore Gesù?

Natale fa spontaneamente pensare ai bambini. Qualche giorno fa, un rapporto ufficiale del governo ammetteva che nel Nord Uganda la maggioranza dei bambini è malnutrita. In effetti, nel 2009 in tutto il paese ben 16.000 persone sono morte per malnutrizione, la maggioranza bambini nati sotto peso. Senza contare l’alta mortalità infantile: 137 bambini su 1000 muoiono prima di raggiungere i cinque anni… Per questa nuova “strage degli innocenti”non occorre neppure un Erode. Bastano la mancanza di mezzi e le gravi lacune in campo sociale e sanitario. è qui, è questo il Natale oggi?

Purtroppo, in questo momento, più che la preoccupazione autentica per il bene di tutti, specialmente dei più deboli e poveri, nel paese sembrano prevalere la passione e l’interesse politico. Da qualche mese ormai la vita della nazione è condizionata sempre più pesantemente dalla prospettiva delle elezioni con cui il 18 Febbraio 2011 verranno scelti il presidente dell’Uganda, circa 500 membri del parlamento e tutta una serie di altri candidati a cariche politiche ed amministrative ai vari livelli (distretti, municipi, ecc.). Un esercizio democratico cui hanno diritto di partecipare circa 14 milioni di ugandesi e per il quale non mancano certo i candidati: 8, fra cui una donna, per la carica di presidente della repubblica, e ben 1734 per il parlamento . Purtroppo, il modo e l’atmosfera in cui il processo elettorale si sta svolgendo sono fortemente marcati da divisioni e lotte interne ai partiti, intimidazione e demonizzazione degli avversari, considerati come nemici da combattere in qualsiasi modo e con qualunque mezzo. A meno di due mesi dalle elezioni, i risultati di un sondaggio − peraltro giudicato addomesticato dall’opposizione − assegnano al candidato Museveni ( l’attuale capo dello Stato che ha conquistato il potere 24 anni fa, nel 1986), una percentuale di voti del 66%, contro il 12% del suo immediato concorrente Besigye, mentre altri due candidati si fermano al 3%, e l’unica donna raccoglie l’1% dei suffragi. Per gli altri tre, niente: 0%! Qualcuno pensa perfino che le elezioni siano praticamente inutili…

è un fatto che in passato le elezioni in Uganda sono state accompagnate da episodi di violenza, brogli e divisioni di tipo politico, religioso e tribale. Oggi, ci sono segni premonitorri che sembrano puntare nella stessa direzione. L’esperienza di tanti anni di violenza durante la ribellione dello LRA ha lasciato il segno e non aiuta certo a rasserenare l’atmosfera. La violenza domestica, perpetrata in casa, all’interno della famiglia, nei confronti dei figli o del coniuge è un fenomeno assai diffuso. Si calcola che il 60% delle donne nel paese abbia subito qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica. L’insofferenza per i ritardi nell’ammiinistrazione della giustizia o per la corruzione delle forze dell’ordine che dovrebbero assicurarla, conducono la gente all’esasperazione, che sfocia talvolta in episodi di “giustizia di massa”. Ho ancora negli occhi la scena in cui mi sono imbattuto tre domeniche fa, mentre andavo a celebrare nella missione di Alito: un uomo steso sul ciglio della strada, ammazzato a calci e bastonate per aver cercato di rubare alcune capre. Intorno al cadavere ancora caldo, un folto gruppo di uomini e donne, molti giovani e ragazzi, che probabilmente poco dopo sarebbero andati a messa. Tutti con l’aria tranquilla e soddisfatta… perchè “giustizia era stata fatta”!

Di fronte a questa situazione, la Chiesa cattolica ha lanciato durante il tempo dell’avvento una campagna di preghiera e sensibilizzazione contro la violenza domestica, invitando tutti a fare si che“la pace di Cristo regni”nel cuore di ognuno, cominciando dalla casa e famiglia dei cristiani. In quanto vescovi e guide del popolo di Dio in Uganda poi, la prospettiva delle prossime elezioni ci ha spinto già lo scorso giugno a scrivere una lettera pastorale che presenta una visione cristiana della politica e indica i criteri per una scelta responsabile di leaders che siano veramente a servizio del popolo, specialmente dei poveri e degli ultimi. Finalmente, alcune settimane fa, assieme ai responsabili nazionali delle varie religioni presenti nel paese (Cattolici, Ortodossi, Protestanti di varie denominazioni, Musulmani, ecc.) riuniti nel Consiglio Interreligioso di Uganda, abbiamo istituito e lanciato una “Task Force”, cioè una “unità operativa” nazionale composta da membri delle varie fedi e confessioni religiose per contribuire – anche attraverso la scelta di “consigli degli anziani” incaricati di mediare fra le parti – ad assicurare che le prossime elezioni siano davvero libere, democratiche e trasparenti, e che tutto il processo elettorale (la campagna, le votazioni e il periodo seguente) sia libero da ogni forma di violenza. Oltre a quella nazionale, abbiamo creato anche delle Unità operative o d’intervento a livello regionale. Sono stato così eletto a far parte della task force per tutta la regione Lango, una zona in cui sono stati identificati vari“punti caldi”, dove la competizione elettorale puo’ facilmente degenerare in violenza.

Eccomi allora al vero motivo di questa lunga chiacchierata, che qualcuno potrà forse trovare troppo“politica”e stonata in una lettera di Natale. Vi chiedo di pregare perchè quest’anno in Uganda − e soprattutto fra la gente Lango che mi è stata affidata − il Signore Gesù venga e nasca proprio in quelle situazioni di tensione e conflitto che senza di Lui generano solo violenza e divisione. Che trovi posto nel cuore dei candidati e degli elettori, in ogni casa e famiglia, sconfiggendo sul nascere ogni seme di violenza, e facendo crescere la pace che Egli ha voluto portare in dono a tutti gli uomini di buona volontà. Perchè a vincere non siano i piccoli o grandi “Erode” di turno, avidi di potere e di benessere, che non si fermano di fronte a nulla, neanche alla violenza e alla strage, pur di assicurarsi il proprio tornaconto, a scapito dei diritti e bisogni degli altri. Perchè in Uganda − ma anche in Italia e nel mondo intero − nascano e crescano uomini nuovi, capaci di assumersi le proprie responsabilità anche in campo politico, non per dominare gli altri ed avvantaggiare il proprio gruppo, tribù o partito, ma per servire tutti, specialmente gli ultimi, i poveri, gli indifesi. E soprattutto perchè a fare questo, ad offrire uno spazio di pace e di amore al Signore che viene, siamo innanzitutto noi, io e ciascuno di voi, ognuna delle nostre famiglie. Buon Natale, allora, e Felice Anno Nuovo!
Vostro,
P. Giuseppe

PS. Fra non molto, se tutto va bene, nascerà una ONLUS a sostegno della missione, della gente e diocesi di Lira. Vi spiegherò tutto in una prossima lettera. Intanto, pregate! E ancora Auguri!

Il Mistero e Asero

Kampala, 21 Maggio 2009

Vi ricordate la triste storia di Atim che abbiamo pubblicato sul sito qualche manciata di mesi fa? Amici, dicono che la guerra è finita… ma secondo me continua nei sopravvissuti.

Oggi suona al mio cancello una signora, si chiama Asero, poco più di uno scheletro ambulante. Sarà alta uno e settanticinque, e se pesa quaranta chili è tanto. Gli occhi ce li ha fuori dalle orbite, tiene un bambino in braccio e nella borsa tiene il biberon. Mi racconta che a 16 anni era mia allieva a Gulu, anche lei nel liceo di Suor Marietta di cui ogni tanto vi ho parlato. Non ho capito quando è riuscita a scappare dai ribelli della Lord’s Resistance Army. L’hanno portata via dal dormitorio della scuola tanti anni fa. Nei primi tre giorni di prigionia l’hanno stuprata in
venti… e così via. Si è ammalata quasi subito di AIDS, i primi due bambini nati dalla violenza erano siero positivi, non ha mai potuto dar loro le cure necessarie, li ha partoriti e dopo li ha allattati, e dopo li ha sepolti…

E’ fuggita dalle mani dei ribelli che era incinta per la terza volta, e prima di portare a termine questa terza gravidanza è stata presa in cura e ha cominciato a ottenere il trattamento antiretrovirale. Mi mostra il tesserino rosso che le dà diritto a ritirare i medicinali una volta al mese gratuitamente. Il bambino avrà otto o nove mesi. Le hanno detto di non allattarlo lei, perché questo figlio è nato sieronegativo, e quindi sopravvive se lei non lo infetta.

Io non lo so se è vero che la profilassi anti Aids necessita di questo grande sacrificio umano, per una donna africana specialmente, di rinunciare a allattare lei questo bambino. Ma quel che conta è che gliel’hanno fatto credere, e lei obbedisce; non so chi le ha comprato un biberon, e lei tutti
i giorni ci compra il latte per farlo vivere. Mi ha commosso quando mi ha mostrato la bottiglietta, un simbolo che racchiude tanti pensieri: e questo figlio ormai unico, in salute, lei sua madre non può nutrirlo del suo seno, purché viva. Il bambino ha due occhi incredibili, ed è bello paffuto, pare un principe. Che ne sarà di lui? Lei mi dice, padre Edo, mio insegnante, ti ho sempre amato (chissà se è vero o l’emozione di vedermi dopo tanti anni) e per mio figlio desidero che cresca e che diventi come te. Insomma questo figlio, sano e allattato dalla bottiglietta, che è già dunque meno suo, che sia prete da grande.

Le ho dato una povera banconota. Un piccol frutto dei vostri sacrifici. Il vostro amore vi aiuterà a sostenere il suo. E in questo passare dalle vostre alle mani di Asero, riconosco il mistero della mia vita missionaria.

P. Edo