Lettera Natale 2017

Carissimi Amici,

il vescovo John Baptist Odama ha scritto quanto segue alla presidentessa dell’Associazione Amici di
Gulu Onlus:

Cara professoressa Costanza,
saluti da Gulu. Stiamo per iniziare l’avvento, che è un evento importante nella nostra storia, sia personale che collettiva. Le scrivo, e tramite Lei a tutti gli amici di Gulu, che da 20 anni a questa parte hanno sostenuto economicamente il mio ministero nell’archidiocesi: il vostro contributo ha permesso alla mia gente di rimettersi in piedi  dopo vent’anni di tumulto politico. Ma, amici cari, siamo ancora alle prese con situazioni di bisogno emergenti:

1) Ci sono circa due milioni di profughi dal Sud Sudan, di cui 600mila solo nella mia archidiocesi. Essi generano un  problema di accoglienza non da poco. Non abbiamo soldi, ma abbiamo la terra. É nostro dovere di cristiani trovare  l’aiuto necessario per i nostri vicini Sud Sudanesi.$

2) Le nostre parrocchie di Atyak, Palabek, Padibe e Kitgum hanno gentilmente messo a disposizione lotti (30 per 30  metri) per famiglie sudanesi fino a quando si ristabilisca la pace. Le Nazioni Unite e il Governo Ugandese insistono  nel chiedere di più, ma la nostra gente è allo stremo e non possono dare di più.

3) I miei preti, i catechisti, medici e paramedici dei nostri ospedali hanno bisogno di supporto finanziario. Un compito  urgente è la costruzione di prefabbricati per dare riparo ai senzatetto e nutrire gli affamati.
Non ringrazierò mai abbastanza gli Amici di Gulu per l’amichevole sostegno al mio ministero pastorale così  bisognoso. Sono lieto di dare a ciascuno di voi la mia paterna benedizione. 

In Cristo, vostro,
+ JOHN BAPTIST ODAMA

Rimango in Italia fino a Natale, e sono quindi disponibile se vorrete invitarmi a conoscere amici vecchi e nuovi, cui spiegare in dettaglio ciò che la vostra curiosità vorrà sapere.

In Cristo, cordialmente riconoscente, firmaEdo

P. Edo Mörlin Visconti

Lettera Pasqua 2017

Carissimi amici,
eccomi di nuovo a darvi notizia del progresso dei lavori del santuario di Paimol e delle ordinarie attività missionarie della diocesi. L’apparente monotonia della vita in Africa sfocia in richieste a prima vista ripetitive. Mi scuserete.
Abbiamo sempre bisogno di fondi per continuare ad aiutare le famiglie che grazie al Cielo continuano ad adottare orfani, specialmente di persone defunte per AIDS. Abbiamo sempre bisogno di fondi per l’istruzione, la salute, l’educazione al lavoro e alla responsabilità nei confronti della vita delle giovani generazioni. Proseguono inoltre le consuete attività caritative della diocesi per il mantenimento del clero e il sostentamento delle varie necessità della popolazione.
Infine, abbiamo sempre bisogno di fondi per completare i lavori del santuario, un grande segno di riconciliazione e pace per tutto il Paese. Attualmente stiamo affrontando il problema dell’acqua. Lo scorso 20 ottobre, infatti, in occasione della ricorrenza del martirio di Gildo e Daudi, erano presenti 45.000 persone e l’acqua di scolo dei tetti, che in genere viene raccolta e filtrata, non era certo abbastanza. Siamo ricorsi alle autocisterne che hanno portato l’acqua con un viaggio di circa 200 chilometri, ma occorre risolvere il problema alla radice scavando dei pozzi. Essendo Paimol su una piccola collina, e la sorgente artesiana più vicina a valle, si dovrà realizzare un efficiente sistema di pompaggio che superi i 100 metri di dislivello.

 

In Cristo, cordialmente riconoscente, 
P. Edo Mörlin Visconti

Lettera Natale 2016

Carissimi amici,
eccomi di nuovo a darvi notizia del progresso dei lavori del santuario di Paimol, voluto dall’arcivescovo di Gulu, Mons. John Baptist Odama, come luogo di pellegrinaggio e
preghiera proprio dove i nostri martiri Gildo e Daudi hanno versato il loro sangue nel 1918.
Il portale denota l’accesso alla zona sacra. Consiste di due archi di cemento – dedicati ai due martiri – su cui sovrasta la croce.
A fianco della vecchia chiesa abbiamo costruito una guest house che dovrà contenere 64 posti letto con una cisterna d’acqua piovana da 40000 litri.
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Lettera Natale 2016(6)

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Lettera Natale 2016

In Cristo, cordialmente riconoscente,
P. Edo Mörlin Visconti

Lettera Pasqua 2016

Carissimi amici,
eccomi di nuovo a darvi notizia del progresso dei lavori del santuario di Paimol, voluto dall’arcivescovo di Gulu, Mons. John Baptist Odama, come luogo di pellegrinaggio e preghiera proprio dove i nostri martiri Gildo a Daudi hanno versato il loro sangue nel 1918.
I lavori di costruzione continuano ad avanzare. Se a Natale vi ho mostrato le foto dell’altare maggiore terminato e la cappella per l’adorazione perpetua in via di completamento, ora, nell’approssimarsi della Pasqua, vi mostro la cappella terminata e il portale dell’accesso al santuario. Due semicerchi alti dieci metri introdurranno i fedeli allo spazio sacro. Come vedete, i lavori sono in veloce progresso.
Proseguono inoltre le consuete attività caritative della diocesi per il mantenimento del clero e per il sostentamento delle varie necessità della popolazioni.
Lettera Pasqua 2016(3)

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Lettera Pasqua 2016(1)

Lettera Pasqua 2016

In Cristo, cordialmente riconoscente,
P. Edo Mörlin Visconti

Lettera Natale 2015

Carissimi amici,
eccomi di nuovo a darvi notizia del progresso dei lavori del santuario di Paimol, voluto dall’arcivescovo di Gulu, Mons. John Baptist Odama, come luogo di pellegrinaggio e
preghiera proprio dove i nostri martiri Gildo a Daudi hanno versato il loro sangue nel 1918.
Rispetto a sei mesi fa i lavori di costruzione sono molto avanzati. L’altare maggiore è finito e la cappella per l’adorazione perpetua è in via di completamento. Inoltre l’arcivescovo ha nominato P. Joseph Okumu Rettore del Santuario, che a sua volta ha confermato il mio incarico di reperire i fondi necessari per portare a termine il tutto, strade di accesso e infrastrutture comprese.

In Cristo, cordialmente riconoscente,
P. Edo Mörlin Visconti

Santuario dei beati martiri Davide e Gildo. Paimol – Località Wi Polo

UN PO’ DI STORIA

I martiri Davide (Daudi) Okelo e Gildo Irwa sono due giovani catechisti ugandesi che vissero agli inizi del XX secolo; appartenevano alla tribù Acholi, i cui componenti ancora oggi abitano prevalentemente il Nord dell’Uganda. La loro vicenda e il loro martirio avvennero solo tre anni dopo la fondazione da parte dei missionari comboniani della missione di Kitgum (1915), dove erano impegnati nel lavoro di evangelizzazione coadiuvati da alcuni catechisti.

Nel 1917 Davide e Gildo si offrirono spontaneamente per recarsi come catechisti a Paimol, a circa 80 km dalla loro Casa di Kitgum, in una zona tormentata da lotte tribali, dai mercanti di schiavi e dalla ribellione ai coloni inglesi.

Nel corso della loro breve missione a Paimol, essi si conquistarono il benvolere della gente, insegnando il catechismo ai bambini e ai giovani, impegnandosi anche nell’aiuto concreto alle persone che incontravano.

Ma la loro testimonianza cristiana e il loro insegnamento della religione dell’amore contrastava con gli interessi dei mercanti di schiavi e degli stregoni pagani, ed era osteggiata anche dagli stessi capi dei clan che vedevano nell’insegnamento cristiano un elemento di indebolimento del loro potere.

Numerose testimonianze, raccolte dal padri comboniani nel corso degli anni successivi al martirio, concordano sul fatto che Davide e Gildo furono uccisi a causa della loro fede in Gesù che testimoniavano con la loro vita e con i loro insegnamenti.

La mattina del loro martirio, a Davide che lo metteva sul preavviso di una possibile fine cruenta, Gildo rispose: “Perché dobbiamo temere? Noi non abbiamo fatto male ad alcuno; siamo in questo paese solo perché il padre ci ha mandato ad insegnare la parola di Dio. Non aver paura!”.

Quando furono uccisi, nel fine settimana tra il 18 e il 20 ottobre 1918, Davide aveva circa 18 anni e Gildo 14.

Davide e Gildo sono stati proclamati beati nel 2002 da Giovanni Paolo II.

Il luogo del loro martirio è diventato presto un punto di incontro per la preghiera dei cristiani che vengono a venerare i loro martiri. Nel corso degli anni un numero sempre più grande di pellegrini si raduna a Paimol – nel giorno anniversario della ricorrenza della loro uccisione – per partecipare alle celebrazioni in loro memoria.
Dalla testimonianza del popolo e a seguito della beatificazione, l’Arcivescovo di Gulu ha promosso il progetto di costruzione di un santuario in onore dei beati Davide e Gildo.

IL PROGETTO DEL SANTUARIO

Il Santuario si sviluppa nell’area che, partendo dall’incrocio della strada Kalongo– Naam Okora si apre verso ovest fino alla chiesa esistente costruita sul luogo del martirio di Davide e Gildo.

Dall’incrocio stradale, ove sono ubicati i servizi logistici, inizia il cammino del pellegrino, che percorre in preghiera il lungo rettilineo che conduce alla “Porta del santuario”.

Si entra così nell’area sacra – un’area a forma quasi circolare di diametro circa 500 m – delimitata da siepi e alberature, ove prosegue il pellegrinaggio.

Il santuario è così costituito da un’area all’aperto, molto rispettosa dell’ambiente rurale e verde in cui è immerso, con ampi viali che conducono alla chiesa esistente, con una grande spianata a settore circolare a verde, appena disegnata da pochi gradoni in muratura, che si affaccia sul nuovo grande altare per le celebrazioni importanti.

Lungo il viale a sinistra della porta del santuario si incontrano le edicole dei venti misteri del rosario, che incrociano – nel mistero della morte in croce di Gesù – la cappella che è memoria della tomba dei martiri e che terminano nella chiesa esistente.

Percorrendo il viale a destra della porta del santuario si incontrano le edicole della via crucis, che conducono anch’esse, dopo l’area dei confessionali, alla chiesa.

Dalla chiesa, volgendosi a valle verso est, si apre la grande spianata a settore circolare che converge verso il nuovo altare.

Si è così voluto valorizzare la chiesa esistente, che già oggi è punto di riferimento per i pellegrini – una chiesa semplice, a pianta rettangolare di dimensioni modeste; si è voluto valorizzare la cappella della tomba dei martiri; si è voluto immergere il pellegrino nell’ambiente semplice, ma di uno spettacolo naturale ampio e splendido, aperto sulla vallata che ha come sfondo una sequenza di  montagne verdi.

Le costruzioni in muratura si riducono così unicamente alla porta del santuario che vuole imporsi come immersione nella preghiera a Dio e all’altare, punto centrale della celebrazione eucaristica nelle grandi solennità.

Il progetto è completato dalla nuova casa dei padri, costruzione adiacente all’area sacra, a forma di grande capanna, che sarà la residenza dei sacerdoti responsabili del santuario.

Varese, 25.02.2014

El Vangel sul Corriere della Sera

Una nuova recensione del Vangel per el di’ d’incoeu sul Corriere della Sera

Lira 23 dicembre 2010

Carissimi,

chissà perchè, pensando al Natale ormai imminente, invece di fissarsi sul centro e il cuore del mistero che stiamo per celebrare − la nascita nella carne del Figlio di Dio fatto nostro fratello per salvarci − la mia mente continua a mettere a fuoco un dettaglio del vangelo che è senz’altro secondario, ma che fa sorgere in me varie riflessioni. Le condivido con voi. Sarà il mio modo di farvi gli auguri, quest’anno, sperando che possa aiutarvi a vivere meglio ed in pienezza il Natale che stiamo per celebrare e l’inizio del Nuovo Anno che il buon Dio si appresta a regalarci.

“Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”(Matteo 2,2). La citazione si riferisce non al momento della nascita di Gesù, bensì all’arrivo in Gerusalemme dei Magi, che lo stanno cercando. Ma mi colpisce come una domanda molto attuale, che si adatta perfettamente alla situazione di oggi, in Uganda, in Italia e in tutto il mondo. Gesù è nato in un contesto sociale e politico in cui l’annuncio della sua venuta risuona come minaccia per il re del momento. Erode tenta infatti di sopprimerlo, e per farlo non esiterà a ricorrere alla violenza, la“strage degli innocenti”. Mi domando: oggi in Uganda, dov’è, e in quale contesto sociale e politico viene a nascere il Signore Gesù?

Natale fa spontaneamente pensare ai bambini. Qualche giorno fa, un rapporto ufficiale del governo ammetteva che nel Nord Uganda la maggioranza dei bambini è malnutrita. In effetti, nel 2009 in tutto il paese ben 16.000 persone sono morte per malnutrizione, la maggioranza bambini nati sotto peso. Senza contare l’alta mortalità infantile: 137 bambini su 1000 muoiono prima di raggiungere i cinque anni… Per questa nuova “strage degli innocenti”non occorre neppure un Erode. Bastano la mancanza di mezzi e le gravi lacune in campo sociale e sanitario. è qui, è questo il Natale oggi?

Purtroppo, in questo momento, più che la preoccupazione autentica per il bene di tutti, specialmente dei più deboli e poveri, nel paese sembrano prevalere la passione e l’interesse politico. Da qualche mese ormai la vita della nazione è condizionata sempre più pesantemente dalla prospettiva delle elezioni con cui il 18 Febbraio 2011 verranno scelti il presidente dell’Uganda, circa 500 membri del parlamento e tutta una serie di altri candidati a cariche politiche ed amministrative ai vari livelli (distretti, municipi, ecc.). Un esercizio democratico cui hanno diritto di partecipare circa 14 milioni di ugandesi e per il quale non mancano certo i candidati: 8, fra cui una donna, per la carica di presidente della repubblica, e ben 1734 per il parlamento . Purtroppo, il modo e l’atmosfera in cui il processo elettorale si sta svolgendo sono fortemente marcati da divisioni e lotte interne ai partiti, intimidazione e demonizzazione degli avversari, considerati come nemici da combattere in qualsiasi modo e con qualunque mezzo. A meno di due mesi dalle elezioni, i risultati di un sondaggio − peraltro giudicato addomesticato dall’opposizione − assegnano al candidato Museveni ( l’attuale capo dello Stato che ha conquistato il potere 24 anni fa, nel 1986), una percentuale di voti del 66%, contro il 12% del suo immediato concorrente Besigye, mentre altri due candidati si fermano al 3%, e l’unica donna raccoglie l’1% dei suffragi. Per gli altri tre, niente: 0%! Qualcuno pensa perfino che le elezioni siano praticamente inutili…

è un fatto che in passato le elezioni in Uganda sono state accompagnate da episodi di violenza, brogli e divisioni di tipo politico, religioso e tribale. Oggi, ci sono segni premonitorri che sembrano puntare nella stessa direzione. L’esperienza di tanti anni di violenza durante la ribellione dello LRA ha lasciato il segno e non aiuta certo a rasserenare l’atmosfera. La violenza domestica, perpetrata in casa, all’interno della famiglia, nei confronti dei figli o del coniuge è un fenomeno assai diffuso. Si calcola che il 60% delle donne nel paese abbia subito qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica. L’insofferenza per i ritardi nell’ammiinistrazione della giustizia o per la corruzione delle forze dell’ordine che dovrebbero assicurarla, conducono la gente all’esasperazione, che sfocia talvolta in episodi di “giustizia di massa”. Ho ancora negli occhi la scena in cui mi sono imbattuto tre domeniche fa, mentre andavo a celebrare nella missione di Alito: un uomo steso sul ciglio della strada, ammazzato a calci e bastonate per aver cercato di rubare alcune capre. Intorno al cadavere ancora caldo, un folto gruppo di uomini e donne, molti giovani e ragazzi, che probabilmente poco dopo sarebbero andati a messa. Tutti con l’aria tranquilla e soddisfatta… perchè “giustizia era stata fatta”!

Di fronte a questa situazione, la Chiesa cattolica ha lanciato durante il tempo dell’avvento una campagna di preghiera e sensibilizzazione contro la violenza domestica, invitando tutti a fare si che“la pace di Cristo regni”nel cuore di ognuno, cominciando dalla casa e famiglia dei cristiani. In quanto vescovi e guide del popolo di Dio in Uganda poi, la prospettiva delle prossime elezioni ci ha spinto già lo scorso giugno a scrivere una lettera pastorale che presenta una visione cristiana della politica e indica i criteri per una scelta responsabile di leaders che siano veramente a servizio del popolo, specialmente dei poveri e degli ultimi. Finalmente, alcune settimane fa, assieme ai responsabili nazionali delle varie religioni presenti nel paese (Cattolici, Ortodossi, Protestanti di varie denominazioni, Musulmani, ecc.) riuniti nel Consiglio Interreligioso di Uganda, abbiamo istituito e lanciato una “Task Force”, cioè una “unità operativa” nazionale composta da membri delle varie fedi e confessioni religiose per contribuire – anche attraverso la scelta di “consigli degli anziani” incaricati di mediare fra le parti – ad assicurare che le prossime elezioni siano davvero libere, democratiche e trasparenti, e che tutto il processo elettorale (la campagna, le votazioni e il periodo seguente) sia libero da ogni forma di violenza. Oltre a quella nazionale, abbiamo creato anche delle Unità operative o d’intervento a livello regionale. Sono stato così eletto a far parte della task force per tutta la regione Lango, una zona in cui sono stati identificati vari“punti caldi”, dove la competizione elettorale puo’ facilmente degenerare in violenza.

Eccomi allora al vero motivo di questa lunga chiacchierata, che qualcuno potrà forse trovare troppo“politica”e stonata in una lettera di Natale. Vi chiedo di pregare perchè quest’anno in Uganda − e soprattutto fra la gente Lango che mi è stata affidata − il Signore Gesù venga e nasca proprio in quelle situazioni di tensione e conflitto che senza di Lui generano solo violenza e divisione. Che trovi posto nel cuore dei candidati e degli elettori, in ogni casa e famiglia, sconfiggendo sul nascere ogni seme di violenza, e facendo crescere la pace che Egli ha voluto portare in dono a tutti gli uomini di buona volontà. Perchè a vincere non siano i piccoli o grandi “Erode” di turno, avidi di potere e di benessere, che non si fermano di fronte a nulla, neanche alla violenza e alla strage, pur di assicurarsi il proprio tornaconto, a scapito dei diritti e bisogni degli altri. Perchè in Uganda − ma anche in Italia e nel mondo intero − nascano e crescano uomini nuovi, capaci di assumersi le proprie responsabilità anche in campo politico, non per dominare gli altri ed avvantaggiare il proprio gruppo, tribù o partito, ma per servire tutti, specialmente gli ultimi, i poveri, gli indifesi. E soprattutto perchè a fare questo, ad offrire uno spazio di pace e di amore al Signore che viene, siamo innanzitutto noi, io e ciascuno di voi, ognuna delle nostre famiglie. Buon Natale, allora, e Felice Anno Nuovo!
Vostro,
P. Giuseppe

PS. Fra non molto, se tutto va bene, nascerà una ONLUS a sostegno della missione, della gente e diocesi di Lira. Vi spiegherò tutto in una prossima lettera. Intanto, pregate! E ancora Auguri!

Il Mistero e Asero

Kampala, 21 Maggio 2009

Vi ricordate la triste storia di Atim che abbiamo pubblicato sul sito qualche manciata di mesi fa? Amici, dicono che la guerra è finita… ma secondo me continua nei sopravvissuti.

Oggi suona al mio cancello una signora, si chiama Asero, poco più di uno scheletro ambulante. Sarà alta uno e settanticinque, e se pesa quaranta chili è tanto. Gli occhi ce li ha fuori dalle orbite, tiene un bambino in braccio e nella borsa tiene il biberon. Mi racconta che a 16 anni era mia allieva a Gulu, anche lei nel liceo di Suor Marietta di cui ogni tanto vi ho parlato. Non ho capito quando è riuscita a scappare dai ribelli della Lord’s Resistance Army. L’hanno portata via dal dormitorio della scuola tanti anni fa. Nei primi tre giorni di prigionia l’hanno stuprata in
venti… e così via. Si è ammalata quasi subito di AIDS, i primi due bambini nati dalla violenza erano siero positivi, non ha mai potuto dar loro le cure necessarie, li ha partoriti e dopo li ha allattati, e dopo li ha sepolti…

E’ fuggita dalle mani dei ribelli che era incinta per la terza volta, e prima di portare a termine questa terza gravidanza è stata presa in cura e ha cominciato a ottenere il trattamento antiretrovirale. Mi mostra il tesserino rosso che le dà diritto a ritirare i medicinali una volta al mese gratuitamente. Il bambino avrà otto o nove mesi. Le hanno detto di non allattarlo lei, perché questo figlio è nato sieronegativo, e quindi sopravvive se lei non lo infetta.

Io non lo so se è vero che la profilassi anti Aids necessita di questo grande sacrificio umano, per una donna africana specialmente, di rinunciare a allattare lei questo bambino. Ma quel che conta è che gliel’hanno fatto credere, e lei obbedisce; non so chi le ha comprato un biberon, e lei tutti
i giorni ci compra il latte per farlo vivere. Mi ha commosso quando mi ha mostrato la bottiglietta, un simbolo che racchiude tanti pensieri: e questo figlio ormai unico, in salute, lei sua madre non può nutrirlo del suo seno, purché viva. Il bambino ha due occhi incredibili, ed è bello paffuto, pare un principe. Che ne sarà di lui? Lei mi dice, padre Edo, mio insegnante, ti ho sempre amato (chissà se è vero o l’emozione di vedermi dopo tanti anni) e per mio figlio desidero che cresca e che diventi come te. Insomma questo figlio, sano e allattato dalla bottiglietta, che è già dunque meno suo, che sia prete da grande.

Le ho dato una povera banconota. Un piccol frutto dei vostri sacrifici. Il vostro amore vi aiuterà a sostenere il suo. E in questo passare dalle vostre alle mani di Asero, riconosco il mistero della mia vita missionaria.

P. Edo

Notre Dame de Mvanda

Notre Dame di Mvanda

Carissimi Madri, Padri, sorelle e fratelli,

Vi raccontiamo la bella giornata che Mvanda ha vissuto ieri, 15 luglio, con la benedizione della prima pietra della chiesa, dedicata a Maria Porta del Cielo, evento che ci fa già sognare la nostra liturgia cantata e celebrata finalmente dentro le sue mura benedette e sante.

Ma non è stata la sola grazia, perché nella stessa occasione la nostra aspirante Gabriella ha ricevuto la Cresima, ed è come se tutta la comunità avesse rinnovato le sue promesse battesimali, proprio come la notte di Pasqua.

Dopo aver rimandato diverse volte la data per questo gesto significativo – che ci sarebbe piaciuto nell’anniversario della fondazione di Mvanda e festa del nostro Padre Benedetto, ma che non era conciliabile con gli impegni del nostro Vescovo Mons Mununu – ecco che finalmente abbiamo potuto stabilire il 15 luglio – memoria di San Bonaventura – che in fondo ha un certo legame liturgico con la diocesi di Viterbo, e che è anche il giorno in cui Sr Germana è rientrata a casa, se non ci sbagliamo, dopo il suo importante intervento chirurgico.

Bene. Ringraziamo allora San Bonaventura per le cose belle che sono accadute nel giorno della sua memoria.

A Lodi Mons Mununu è presente, come pure Maurice e Calixte, la coppia di “Famiglie Nuove” del Movimento dei Focolari, nostri vicini sulla collina di Mvanda e rispettivamente padrino e Madrina scelti per accompagnare Gabriella nel suo cammino di approfondimento della fede e dell’appartenenza a Cristo, e l’ufficio si è svolto come d’abitudine, secondo la memoria dei Dottori, naturalmente.

Alla Messa che segue, invece, introduciamo il nuovo inno “Voi siete risuscitati con Cristo”, composto dall’abate di San Paolo Fuori le mura, e proposto all’intera cristianità per l’anno Paolino. Di certo anche voi lo conoscete, ormai, perché lo si trova su Internet ed è tradotto in molte lingue, di cui la più bella, comunque, resta l’italiano!!!

Soltanto quattro o cinque giorni fa Patrizia l’aveva scaricato e imparato, insegnato a Martine e Gabriella per la seconda e terza voce, e poi alla comunità, la quale ha saputo memorizzare abbastanza bene il refrain, cosi da cantarlo con vigore e solennità.

Nella sua omelia il Vescovo è stato simpatico, perché ha posto la domanda spontanea, legittima e sincera a Maria Gabriella sul perché non aveva ancora ricevuto il sacramento della Confermazione. E ponendo quella domanda ha approfondito il senso del sacramento cristiano, ed è stata una piccola catechesi.

Terminata la Messa , la comunità e una ventina di ospiti presenti in cappella – che normalmente sono alcune religiose e giovani in formazione e a volte qualche laico, e in quest’occasione qualche nostro operaio – in processione ci siamo portati sul luogo previsto per la cerimonia della benedizione della “Prima Pietra” della futura Chiesa del Monastero, dove un tavolo era stato allestito con su una splendida “pietra” tutta venata di rosso-bordeaux e li il popolo di Dio cantava il salmo 83: “Di quale amore sono amate le tue dimore, Signore, Dio dell’universo!” Questo salmo ha un altro passaggio che rende significativo il gesto che stiamo per compiere: “Beati gli abitanti della tua casa, perché potranno cantarti ancora, benedetti gli uomini di cui tu sei la forza: dei cammini di pace si aprono nel loro cuore”.

E un “popolo” grande lo siamo veramente, poiché oltre alla comunità sono presenti 75 operai del cantiere , più i nostri. E’ bello che tutti, dentro un clima di gran raccoglimento, baciati dal primo sole del mattino, con un cielo dove volteggiano tante rondini, e stretti intorno al Pastore di questa Diocesi, domandino unanimi a Dio di diventare sempre di più tempio della Sua gloria per pervenire alla città del cielo, guidati da Cristo.

Padre Emmanuel legge il passaggio del vangelo di Matteo che parla delle due case, costruite rispettivamente sulla roccia e sulla sabbia, e questo testo ci ridice che solo Cristo è la pietra angolare della Chiesa, la roccia che sostiene tutte le pietre della Chiesa viva che siamo noi.

Monsignor Mununu fa una breve omelia sottolineando particolarmente la partecipazione degli operai e di noi tutti alla costruzione di un’opera bella, destinata a restare nel tempo, a cui occorre lavorare con dignità, fierezza e gratitudine. Ha espresso anche la sua ammirazione all’impresa Parisi e al capo-cantiere per la serietà del lavoro. Poi, siccome qui è consuetudine indirizzarsi al popolo nella lingua locale per farsi veramente comprendere da tutti, traduce in kikongo gli stessi concetti, per raggiungere ancora più direttamente il cuore di questi lavoratori, e per risvegliare in loro la coscienza che è sempre una grazia quella di poter lavorare, quando, lo sappiamo bene, non è dato a tutti di poter guadagnare ogni giorno il proprio pane nel nostro Paese.

Poi, accompagnato dal Padre Emmanuel, comincia a percorrere tutto il perimetro delle fondamenta: una scena bella e carica di gratitudine, Dio è veramente all’opera e questo ci basta per andare avanti! Noi cantiamo ancora un salmo, non senza commozione, quello che descrive la montagna di Sion come la “gioia di tutta la terra, polo del mondo e la città del gran sovrano”.

Sul tavolo, coperto da una tovaglia coloratissima, è posta la grande e solida “pietra angolare” della costruzione e il Vescovo l’asperge di ogni grazia e benedizione, allontanando il maligno e ogni ombra di peccato da quello che sarà il luogo sacro della presenza di Dio.

E quando la prende per porla come fondamenta nel nome della nostra fede, non possiamo non pensare al simbolo di un nuovo inizio, visibilmente solido e bello, benedetto e santo, della nostra vita data a questa terra che vogliamo abitare per sempre, e non possiamo non andare con la memoria a Sr André e all’abbé Gaétan, a tutti quelli che ci hanno lavorato, che ci lavoreranno; a quanti verranno a pregare e alle giovani – speriamo numerose – che continueranno a lodare il Signore sui passi santi della vocazione cistercense.

E’ costruita sulla roccia la Chiesa del Signore!

Il Padre Emmanuel dà lettura del documento ufficiale di questo gesto di benedizione, in cui è contenuta la lista di tutti i presenti, e il Vescovo, la Madre e il Signor Giuseppe lo firmano.

A questo punto è previsto di “eternizzare” l’evento, mettendo in una bottiglia una delle tre copie del testo, perché resti nella terra, accanto alla pietra per i secoli a venire, ma ecco che i tre fogli, arrotolati una prima, una seconda volta non vogliono entrare nel collo stretto della bottiglia… tutti sorridiamo, chiedendoci come andrà a finire. Ma padre Emmanuel fa un terzo tentativo e voilà che il documento entra, e vi entra per sempre.

Noi cantiamo ancora, mentre un operaio cementa la pietra e poi rispondiamo alla preghiera universale che chiede a Dio di radunare nell’unità i suoi figli dispersi dal peccato, di mantenere saldi sulla pietra della Chiesa quanti consacrano le loro fatiche alla costruzione di questa chiesa, di benedire quanti verranno a cantarvi la sua lode, di accogliere tutti i defunti, la nostra cara Sr M André, e di vegliare su tutti i malati che si appoggiano sulla forza di Cristo con l’invocazione “benedici il tuo popolo, Signore e veglia sulla tua Chiesa”, prima di recitare il Padre Nostro e di lasciarci raggiungere dalla benedizione finale del Vescovo.

Ecco, Sion puo’ ora decorare la sua casa per accogliere il suo re, Cristo, andare incontro a Maria, Porta del Cielo, nelle cui braccia c’è il re di gloria, la Luce generata prima della luce!!!

Il Signor Giuseppe è commosso ed è contento, nella sua fede semplice sente che in tutto questo – che è frutto della sua fatica – c’è qualcosa di grande e di bello. Anche la sua sposa è visibilmente toccata da quest’esperienza forte di fede e speranza.

E noi dobbiamo dire un grazie grande a Padre Emmanuel che ha saputo organizzare questa celebrazione con la sua solita precisione liturgica e con la sua attenzione ad ogni dettaglio.

Sono le 8 e la cerimonia è al termine.

Per tutti gli operai avevamo preparato dei panini con sardine, mentre per il vescovo e per la comunità si va in refettorio.

Ripensando alla veglia, quando tutta la comunità si è messa a disposizione per farcire i 130 panini per i nostri operai, in un lavoro a catena tanto fraterno e gioioso, la Madre ci confida che conserva nella memoria quel momento come uno dei più bei gesti di comunione fraterna, accanto alla liturgia, che naturalmente è il cuore e il vertice di tutto.

Ecco, questa è la bella giornata che abbiamo vissuto l’altro ieri e che è ancora nel nostro cuore, soprattutto perché ci fa guardare con profonda gioia all’avvenire della nostra storia qui a Mvanda.

Siamo contente di condividerla con voi tutti, che ci portate sempre nel vostro cuore, perché cosi potete rendere grazie con noi al Signore.

Le vostre sorelle di ND di Mvanda